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INTRODUZIONE A SRI AUROBINDO E MÉRE

"La Madre ed io siamo Uno in due corpi".
In questo modo Sri Aurobindo presentava ai discepoli la loro unione nello yoga.
Questi due Maestri spirituali hanno costruito e realizzato insieme un nuovo, grande sistema di conoscenza
e disciplina yogica definito "Yoga Integrale".


La visione di Sri Aurobindo

Ricevuta in Inghilterra una completa educazione occidentale, Sri Aurobindo (Calcutta, 1872 - Pondicherry 1950) rientra in India poco più che ventenne ed assimila in breve tempo tutto il patrimonio culturale e spirituale del suo paese di cui divenne uno dei capi più attivi ed ispirati nella lotta per l'indipendenza dall'impero britannico. Ritiratosi dalla politica per immergersi, a Pondicherry, nelle sue rivoluzionarie esperienze spirituali, incontra Mirra Alfassa che chiamerà Mère, poiché in essa vide la manifestazione diretta dell'Energia Divina creatrice che in India è detta " La Madre ".
Dopo il 24 novembre del 1926 Sri Aurobindo si ritira completamente dal mondo, ma resterà più che mai in contatto con le forze mondiali in gioco e lavorerà per tracciare il cammino che l'umanità dovrà compiere per avanzare verso la trasformazione che Lui definirà supermentale. Manterrà il contatto con i discepoli in forma epistolare scrivendo più di duemila lettere e lascerà alla Madre l'incarico organizzativo e materiale dell'Ashram, la comunità che si era formata attorno a Lui.

Sri Aurobindo non ebbe mai l’intenzione di fondare religioni o sistemi filosofici, piuttosto fu sua intenzione  fornire a chiunque ne avesse interesse una trattazione delle proprie esperienze, realizzazioni interiori e spirituali, ottenute attraverso metodi di conoscenza che egli definiva sovrarazionali, con un linguaggio per il nostro intelletto il più possibile comprensibile. Lo scopo delle sue opere è quindi quello di ispirare il lettore a cercare questa conoscenza in prima persona, superando la propria mente dopo averla convinta al silenzio. Questi metodi di conoscenza sovrarazionale vennero plasticamente inquadrati e fatti metodo che Sri Aurobindo definì Purna yoga, uno yoga completo, integrale e omnicompresivo.

Il valore di un uomo non dipende da ciò ch'egli apprende, né dalla sua posizione o fama, né da ciò che fa, ma da ciò che egli è e diviene interiormente", scriveva Sri Aurobindo ai suoi biografi.
Egli ha usato molti linguaggi per esprimere queste sue realizzazioni interiori e spirituali, ma il mezzo sicuramente da lui prediletto fu la poesia, più affine ad esperienze di verità sovrarazionali rispetto alle espressioni più macchinose e rigidamente elaborate tipiche della mente intellettuale normalmente intesa.
L’opera principe di Sri Aurobindo, il Kavi, discendente dalla sua visione sovrarazionale o, come Egli specificava, sovramentale,  in ambito non solo poetico ma anche mantrico è Savitri, un poema epico in 12 libri con quasi 24.000 versi.


La poesia surmentale

Se la suprema visione e unione di Verità e Bellezza è presente solo a livello sovramentale, "a quel livello il vero è sempre bello e il bello è sempre vero",  quella che Sri Aurobindo definisce l''aesthesis' surmentale è uno degli elementi costanti del Poema.
La trama di superficie del Poema è tratta dalla tradizione indiana, mentre il tema conduttore profondo di Savitri è il viaggio dell’anima nei mondi superiori ed inferiori di tutta la creazione. In esso sono contenute in splendenti versi le descrizioni degli stati che la coscienza può attraversare e le corrispondenti esperienze interiori di natura spirituale, le visioni dei mondi occulti e superiori e degli esseri e delle forze ivi presenti.
Per quanto riguarda invece le sue opere potremmo dire di natura più filosofica, la principale,  più esaustiva e conclusiva sull’argomento centrale, obiettivo del Purna yoga è certamente The Life divine - La vita divina, in cui viene proposta la Sua visione dell’umanità e della divinità, del loro reciproco e dinamico rapporto e ruolo nel cosmo e del loro vero scopo e destino finale.
Nelle sue opere Sri Aurobindo ha la caratteristica e la capacità sintetica di unificare molteplici teorie filosofiche e religiose in una visione panoramica d’insieme. Questo avviene ad esempio nel caso dei due classici sistemi di pensiero: il materialista e l’ascetico, tipico delle correnti spirituali.
Potremmo pensare che, realizzando esperienze considerate trascendenti come quella di unione con il divino, Sri Aurobindo abbia a negare ogni principio materialista, ma ciò per il Maestro non avviene. Egli, non ignorando l’enorme contributo che il materialismo ha offerto all’esistenza umana nel liberarla da superstizioni e false illusioni, afferma che il mondo della materia va accolto come parte del Reale, non essendo in se un’illusione ma solo la metà della Verità.
Possiamo quindi ipotizzare, dice Sri Aurobindo, che nell’uomo esistano potenziali capacità di conoscenza e di percezione superiori a quelle sin qui sviluppate, e che tali facoltà possano essere accresciute alfine di conoscere il Divino trascendente, con una certezza almeno eguale a tutte le certezze scientifiche acquisite dall’umanità e, a condizione di non avere pregiudizi verso questa possibilità, non dovremmo fare altro che cercare di sviluppare in noi stessi queste facoltà di conoscenza attualmente latenti nella nostra natura, per verificarne la veridicità. E’ probabile che non riusciremo ad ottenere immediatamente l’esperienza più elevata, ma è certo che nel breve periodo avremmo, come suggerisce Sri Aurobindo, qualche piccola o grande esperienza spirituale che ci confermerà la giustezza della strada intrapresa. Questa verifica, in tutti i casi, non potrà che essere esperita soggettivamente in prima persona.

La visione personale di Sri Aurobindo parla di un’evoluzione in atto nel mondo, un mondo i cui fenomeni sono la parte più esteriore della Realtà che è ben più vasta di quello che le nostre capacità sensoriali possono percepire. Un mondo in cui spirito e materia sono una sola cosa, in cui tutto è Uno e l’umanità non è che una tappa nel cammino dell’evoluzione globale, e le storie degli individui stadi di questa più grande evoluzione d’insieme della collettività.
Molte scuole di ricerca interiore hanno di frequente considerato il mondo alla stregua di una vana illusione, maya, e trovata l’unica salvezza da tale inganno nel ritiro dell’essere umano dal gioco delle forme esteriori e della personalità di superficie, mediante un tuffo beatifico in un inconoscibile nirvana o nulla, al di là di tempo, spazio e mente. Secondo Sri Aurobindo, questo raggiungimento non è la fine del percorso, sarà piuttosto il propedeutico inizio di un cammino spirituale superiore.


L'essere psichico

Non si tratta quindi di abbandonare la propria individualità in un’estinzione eterna, ma di conoscere la viva Realtà presente in noi, dietro la personalità di superficie e delle sue false identificazioni con le cose esteriori, di conoscere questo nostro intimo essere interiore, essere psichico lo definisce Sri Aurobindo, più genericamente inteso come l’anima, la nostra vera Persona, quello che realmente siamo. Questo essere in noi, la nostra più segreta e spirituale essenza, ci dice il Maestro, è eterno, colmo di cristallina, naturale, infinita gioia, non toccato dalle effimere gioie, dagli atroci dolori, dalle irrinunciabili emozioni, dai pensieri e dalle azioni dell’esteriorità umana.

Questo Essere, a ragione della sua natura eterna, è il nostro principio che ritorna vita dopo vita, eone dopo eone, con lo scopo ultimo, se così possiamo dire, di rivelare e manifestare la sua luce e la sua natura integrale e spirituale in un corpo materiale, nel nostro corpo materiale quale suo mezzo e strumento per tale manifestazione. Per tali ragioni, dice il Maestro, non dobbiamo rifiutare o mortificare il corpo, non dobbiamo considerarlo l’ostacolo principale alla volta dello spirito, creando in tal modo un’insanabile separazione tra Spirito e Materia, tra vita materiale e vita spirituale, tra Corpo ed Anima.
Di conseguenza, chi sacrifica la propria vita a favore e in attesa di un ipotetico paradiso nell'aldilà agisce senza alcun senso: si tratta di trovare e far emergere attraverso lo yoga qui ed ora, nella vita di tutti i giorni, la nostra essenza spirituale più vera, attraverso un processo di interiorizzazione e poi di manifestazione in questa realtà, in questo nostro corpo.
Secondo la visione di Sri Aurobindo l’intera evoluzione dell’umanità non è un mero scherzo del destino o un infruttuoso oggetto del caso, un’emersione ex abrupto in un corpo vivo e pensante da un mondo di materia inerte, ove miliardi di esseri vivono, in mezzo a mille difficoltà, una vita effimera, senza senso né scopo, per poi dissolversi nuovamente nell’inerzia della materia, nella morte. Potrebbe essere così se fosse reale l’idea materialista di un mondo fenomenico in cui siamo corpi vaganti, che un’ironia della sorte ha posto in questo globo rotante sospeso in un universo senza alcun preciso motivo.


Dio nella materia

Ma per Sri Aurobindo nulla avviene casualmente; lo stesso sviluppo della vita sulla terra sembra confermarlo, vista l’estrema perfezione del sistema e delle condizioni ambientali che ne hanno reso possibile l’emersione e il proseguimento. D’altro canto non può essere accettata neanche l’idea opposta, secondo cui il mondo manifestato non è che illusione e l’unica verità risiede nella realtà del trascendente.
La verità della questione, afferma Sri Aurobindo, è che nella materia altro non vi è che lo Spirito divino involuto. Dio, il trascendente, l’assoluto, l’Inconosciuto, la Coscienza eterna o come lo si voglia chiamare. Egli esiste in quanto è dentro il tempo e lo spazio e continua ad esistere in quanto è al di là del tempo e dello spazio.
Per cui Dio è immanente, in quanto ha involuto una parte di Se stesso in questo mondo di fenomeni di cui noi facciamo parte. La materia ci sembra incosciente, ma è la stessa materia che ha dato vita a forme coscienti ai vari livelli e gradi!  La nostra scienza ha appurato che questa materia racchiude l’energia, sappiamo quindi che tale materia altro non è che energia condensata. Sri Aurobindo va oltre, affermando che Dio stesso è nascosto nelle profondità della materia, questo “offuscamento” di Dio nella materia è definito; in-coscienza, ma tale incoscienza sta emergendo attraverso una lenta evoluzione verso una sempre più grande autocoscienza.  Si può allora affermare e comprendere come sia “razionale” la conseguente equazione materia = energia = coscienza.
Abbiamo così appurato che la vita si è evoluta inizialmente attraverso il mondo minerale, primo stadio di massima involuzione della coscienza divina. Poi strutturando forme sempre più complesse come il vegetale e l’animale è giunta al suo attuale culmine con l’uomo pensante, in cui per la prima volta ha toccato la possibilità di essere realmente cosciente della propria esistenza.

Il Maestro conferma quindi ciò che avevano descritto e visto i Rishi vedici: la materia, la vita e la mente non sono che l’unica Coscienza-energia espressa nelle forme diverse dei tre mondi corrispondenti. Il Maestro ci offre quindi un ribaltamento di prospettiva e molteplici possibilità per una maggiore comprensione di tutti gli aspetti di questo mondo enigmatico in cui ci troviamo a vivere, mondo che non è condotto da cieche forze materiali ma da una Coscienza divina premurosa e benevola verso l’uomo.

"(...) se la verità nascosta della nostra nascita nella materia è un rivelarsi dello Spirito sulla terra, se ciò che è avvenuto nella Natura è fondamentalmente un’evoluzione della coscienza, allora l’uomo così com’è non può costituire il termine ultimo di tale evoluzione, essendo egli espressione troppo imperfetta dello Spirito, ed essendo la Mente una forma e uno strumento troppo limitati. La Mente è soltanto un termine intermedio della coscienza, l’essere mentale può essere soltanto un essere di transizione. Perciò, se non sarà capace di oltrepassare lo stato mentale, l’uomo verrà superato dal manifestarsi di un Sopramentale e di una sovrumanità che prenderanno la guida della creazione. Se la mente umana sarà invece in grado di aprirsi a ciò che la supera, allora non ci sarà motivo che non sia l’uomo stesso ad arrivare allo stadio sopramentale o che non possa prestare la propria mente, la propria vita e il proprio corpo all’evolversi di questo termine superiore dello Spirito e al suo manifestarsi nella natura".

Sat-Chit-Ananda

Sri Aurobindo quindi afferma e sostiene la tesi dell’esistenza di una Coscienza che trascende totalmente non solo l’uomo ma il cosmo intero. Questa Coscienza in sanscrito è chiamata Sat-Chit-Ananda, Esistenza-Coscienza-Beatitudine, essa è il sostegno, la base immobile e mobile del mondo, uno stato di estasi cosciente di sè e della propria infinità, completamente fuori dalla portata della comune esperienza umana.
Nel tempo, molti esseri umani hanno realizzato questo stato, in cui, come afferma Sri Aurobindo, la percezione del rapporto illusione-realtà è completamente invertita rispetto alla “comprensione” che possiamo avere noi nella ordinarietà della nostra coscienza.
Se l’ipotesi di trascendenza può apparire una mera fantasia o allucinazione per chi è nella coscienza ordinaria, in quanto riconosce come reale solo il mondo fenomenico e materiale, per una coscienza giunta allo stato di sat-chit-ananda è esattamente il contrario, il mondo fenomenico risulta apparire come una grossolana invenzione “come un cinematografo” diceva Sri Aurobindo, come una falsificazione, un sogno, un’illusione.
La luce di conoscenza di questo stato d’essere è infinita, ed è facile arrivare a credere che sia la sola realtà. Questa è l’origine della posizione cosiddetta ascetica, che nega cioè l’esistenza del mondo e dell’individuo.
Non è possibile, come dice Sri Aurobindo stesso, risolvere questa questione basandoci puramente su una logica fondata sui nostri sensi fisici, a causa della lacunosità dei dati a noi forniti da tali sensi. L’unica possibilità che abbiamo per fare chiarezza a riguardo è estendere la nostra  coscienza fino a renderla una con la coscienza cosmica divina.
Con lo Yoga, la sadhana o disciplina spirituale, possiamo arrivare a questo puro spirito, a questo sat chit ananda. Ma non è vero che solo questo sia reale, mentre il mondo fisico è illusione. Questa percezione in genere avviene quando si fa un salto di coscienza troppo alto per cui tra lo stato normale della mente e questo stato totalmente al di là di essa non vi sia alcun gradino intermedio di coscienza. E’ in questo caso che può accadere che la realtà fenomenica appaia irrealmente falsa, perché quando la mente raggiunge tale stato, riceve un senso dell’irrealtà del mondo e della sola realtà del Silenzio che è una delle più poderose e convincenti esperienze di cui sia capace la mente umana”. (Vita divina)

Questa idea è quella che ha influenzato maggiormente l’India negli ultimi duemila anni, secondo Sri Aurobindo. In essa vi è un qualcosa di reale in quanto rappresenta in effetti il gradino più alto della scala di coscienza raggiungibile da un essere umano. Tuttavia, è una verità incompleta, perché non può esservi l’alto senza il basso, e perché, in accordo con l’antica visione vedantina, tutto è brahman, quindi anche la materia.
L’ideale di Sri Aurobindo è dunque quello di una realizzazione spirituale integrale in tutta la nostra vita materiale che comprenda in sé tutti i livelli di coscienza, dalla più alta alla più bassa, trasformati dalla forza della coscienza divina e quindi in grado di manifestarne la Luce qui, sulla Terra, nella Materia e nel nostro Corpo fisico.


La Madre

Come presentare Mirra Alfassa e rispondere alla domanda: chi era colei che era stata chiamata da Sri Aurobindo, la Madre?

Per rispondere a tale domanda ci aiuteremo con alcuni spunti esplicativi tratti da Sri Aurobindo stesso e con piccoli cenni biografici, alfine di abbozzare in modo sufficiente e coerente il o meglio un profilo della Madre, con la speranza di poter concorrere alla conoscenza del suo estremamente complesso e sommamente profondo Essere spirituale.

"Non la nostra forza, ma la Shakti di Dio è l'unica sadhika (praticante) di questo yoga" così scriveva Sri Aurobindo in una lettera di chiarimento e risposta a proposito del ruolo della dama francese tale Blanche Rachel Mirra Alfassa detta poi La Madre e del senso della sua presenza in mezzo allo sparuto gruppo di amici-discepoli che si erano raccolti intorno a lui a Pondicherry.  La Madre non era ovviamente la moglie di Sri Aurobindo, nè era la "collaboratrice" o persino la "discepola e collaboratrice", come spesso è stato affermato nella maggior parte di scritti e libri di discepoli. Da ciò che il Maestro scrisse possiamo affermare che Ella, Mirra, era un'incarnazione della Coscienza divina, e come tale, il Divino in persona. Ecco infatti cosa dice Sri Aurobindo in una lettera sulla questione, ancora nel 1930: " O lei è Quello e questa è la pura e semplice faccenda, oppure non lo è, ed in tal caso nessuno è tenuto a rimanere qui. Ognuno può andare per la sua strada perché di conseguenza qui non c'è né Ashram, né Yoga".

Non possiamo quindi definire Mirra una discepola, né una seguace o fedele di Sri Aurobindo che, per spazzare via le distorte voci circolanti tra i discepoli del tempo, scrisse in modo chiaro: "La Madre non è una discepola di Sri Aurobindo. Ha avuto la mia stessa realizzazione e la mia stessa esperienza". La madre si trova su un piano esattamente complementare e uguale a quello di Sri Aurobindo".  
La Madre era il fulgido esempio di un corpo con occhi di luce emanante una intensa e meravigliosa umanità, nella più elevata condizione divina. Non aveva infatti scritto Sri Aurobindo: "Il Divino deve vestirsi di umanità per poter innalzare l'umano al Divino". Ed ancora: "Il Divino si veste di un'apparenza di umanità, assume la natura umana esteriore al fine di tracciare il cammino e mostrarlo agli esseri umani, ma non cessa di essere il Divino".

Una donna eccezionale? Diremmo proprio di sì, nel senso di eccezione alla regola. A cinque anni si rese conto di non appartenere a questo mondo, e la sua sadhana (disciplina spirituale) iniziò allora. Raccontava che presa da una beatitudine improvvisa andava in trance quando era seduta in poltrona o durante un pasto, con grande disappunto della madre che considerava questo comportamento come un disagio sociale. Tra gli undici e i tredici anni una serie di esperienze psichiche e spirituali le rivelarono l'esistenza di Dio e la possibilità dell'uomo di unirsi a lui.
Nel 1893 recatasi in Italia con la madre, mentre era davanti a Palazzo Ducale a Venezia aveva ricordato una scena di una vita passata dove era stata strangolata e gettata in un canale.
Mirra, riservata e introspettiva, aveva il dono naturale di occhi spalancati sul mondo invisibile ai più, quel mondo occulto e "sottile", cioè nascosto che la portava a restare seduta per ore ed ore tra i boschi di Fontainebleau a Parigi, vicino alla sua casa, per sentirsi tutt'uno con la Natura, i fiori, gli animali e... l'Infinito, facendo volentieri a meno di andare al circo col papà!

Un giorno, camminando nei boschi su per una collina, scivolò e iniziò a cadere in un precipizio. Proprio mentre stava cadendo, ebbe la certezza che non era giunto il momento di incontrare il proprio destino, letale conseguenza da incidenti del genere. Infatti, ben presto si trovò ai piedi della collina, come se nulla fosse accaduto. Non fu sorpresa, era stata pienamente cosciente di mani invisibili che l'avevano sostenuta e adagiata dolcemente al suolo.
E poi le sue "uscite dal corpo" e i suoi "voli" su Parigi, e la formazione di un cielo con una sua lunga veste dorata sotto cui si riunivano i corpi di uomini, donne, giovani, vecchi, malati, infelici che trovavano rifugio,  giovamento e felicità.

Questa era la piccola Mirra, bimba speciale e fuori dalle regole che passava lunghe ore in una naturale meditazione, e pensare che sua madre la considerava alquanto ribelle e la rimproverava!
Ma la bimba ha studiato ed è cresciuta, è divenuta una signora, si è sposata. Nella sua casa a Parigi, in Rue Val de Grace, incomincia a radunarsi un gruppo di persone che hanno interessi spirituali rivolti ad un rinnovamento della società. Mirra è la conduttrice e l'anima degli incontri. Alcuni schemi dei suoi discorsi ci saranno utili per comprendere i pensieri che animano la nostra, ora signora Richard.

1) 7 maggio 1912 -  "Lo scopo definitivo da raggiungere è il progressivo avvenimento dell'armonia universale. Per quel che riguarda la Terra, il mezzo per ottenere questo scopo è la realizzazione in tutti della Divinità Interiore, che è Una. In altre parole, creare l'unità, riconoscendo il Regno di Dio, che è in tutti.
Di conseguenza, l'opera più importante da fare è:

1. - per ciascuno individualmente, la presa di coscienza in sé  della Divina Presenza.

2. - l'identificazione di Livelli d'Essere, di cui finora l'uomo non è stato cosciente; e con ciò, la messa in contatto della Terra con una o più Forze Universali, che finora non hanno avuto un campo d'azione in essa.

3. - ridire al mondo, in una forma nuova adattata allo stato attuale della sua mentalità, la Parola Eterna. Questa dovrà essere una Sintesi di tutte le Conoscenze umane.

4. - collettivamente, fondare la Società Ideale, in un luogo propizio alla manifestazione e allo sviluppo della nuova razza, quella dei "Figli di Dio" . La trasformazione e l'armonizzazione terrestre si compiono attraverso due processi,opposti in apparenza ma che devono combinarsi, cioè reagire l'uno sull'altro e completarsi l'un l'altro:
1. - la trasformazione individuale: lo sviluppo interiore verso l'unione con la Divina Presenza.
2. - la trasformazione sociale: la costituzione di un ambiente favorevole alla crescita e allo sviluppo degli individui".

2) 8 giugno 1912 - "Tutto ciò che in noi non è consacrato al Dio Interiore è, per frammenti, proprietà dell'insieme di cose-ambienti, che agiscono su quello che noi chiamiamo abusivamente < io >, sia per l'intermediazione dei nostri sensi, sia direttamente sulla nostra mente per suggestione. L'unico modo di divenire esseri coscienti, se stessi, è unirsi al Sé Divino, che è in tutti noi. Per questo bisogna, con l'aiuto della concentrazione, isolarsi dalle influenze esteriori.
Quando si è uno con la Divinità Interiore, si è, alla radice, uno con tutti; ed è attraverso di essa e per mezzo di essa, che si deve entrare in rapporto con questi. Allora, liberi da attrazione e repulsione, si è vicini a coloro che sono ad essa vicini, lontani da coloro che ne sono lontani".

Sin da giovane Mirra ricercò interiormente ed esteriormente la via del suo destino, la realizzazione di un sogno che si era delineato nel periodo della sua gioventù: una vita divina sulla terra. I suoi vasti interessi spirituali la portarono ad occuparsi anche di occultismo, come apprendista del più noto maestro occultista del tempo: monsieur Max Thèon. Terminerà i 3 anni circa di apprendistato quando Thèon le dirà di non avere più nulla da insegnare, soprattutto a motivo del fatto che Mirra portava dentro quel Divino che lui stesso non era stato capace di trovare.
E finalmente, dopo tanto ricercare, il 29 marzo 1914, Mirra accompagna suo marito, il diplomatico Paul Richard, nell'India francese e arriva a Pondicherry. Alle 15,30 dello stesso giorno incontrerà per la prima volta Sri Aurobindo, resterà abbagliata, soprattutto perché la figura vestita di bianco che per mesi le aveva dato insegnamenti in sogno e che lei considerava Krishna era esattamente e fisicamente Sri Aurobindo.
Il giorno successivo l'incontro, la Madre scriverà nel suo diario: "Poco importa che ci siano milioni di esseri immersi nella più oscura ignoranza, Colui che abbiamo visto ieri è sulla terra; la sua presenza è sufficiente a provare che verrà un giorno in cui le tenebre saranno trasformate in luce, e che il Tuo regno sarà effettivamente stabilito sulla Terra".

Mirra aveva raggiunto la certezza che i suoi sogni di divinizzazione terrestre, tante volte illustrati in Rue Val de Grace,  con Sri Aurobindo avevano la garanzia divina di realizzazione.

Per concludere questa presentazione della Madre e capire un po' più approfonditamente, ed in estrema sintesi, il suo essere riportiamo una sua stessa dichiarazione che ci potrà aiutare a comprendere la qualità di Agni, il suo Fuoco interiore, l’energia spirituale che ha mosso tutta la sua vita dedicata alla divinizzazione dell’umanità:  "Io non appartengo a nessuna nazione, nessuna civiltà, nessuna società, nessuna razza, appartengo al Divino. Io non obbedisco a nessun maestro, nessuna regola, nessuna legge, nessuna convenzione sociale, obbedisco al Divino. A Lui ho offerto tutto, la volontà, la vita e me stessa; per Lui io sono pronta a dare tutto il mio sangue, goccia a goccia, se tale è la Sua volontà, con gioia completa, e nulla come servizio a Lui potrà essere sacrificio, perché tutto è gioia perfetta ".